Julius Evola e J. R. R. Tolkien. Il “Barone Nero” e il “mite professore oxoniense”: pagano il primo – sorvolando sulle varie implicazioni di quest’aggettivo che, se mal interpretato, può risultare oltremodo fuorviante – cattolico il secondo, ma nel senso preconciliare, di certo non conforme all’ideologia catto-progressista vigente nell’odierna redazione di “Avvenire”. Di primo acchito, due personalità agli antipodi. Ma, ad una attenta analisi, le analogie superano le differenze. Il professor Gianfranco De Turris è uno studioso di eccezionale levatura, e ci snocciola le similitudini tra questi due personaggi in una serie di “micro-saggi” di rara profondità intellettuale, fulminanti nella loro concisione e chiarezza. Una prima analogia appare ovvia, persino a chi mastichi poco della materia: entrambi gli autori, invisi alla “intellighenzia” di sinistra che egemonizza – prostituendola – la cultura del nostro Paese, sono stati sottoposti ad un rigido “cordone sanitario” (Walter Pedullà), per evitare il “contagio” reazionario e salvaguardare la pseudocultura liberal-progressista dei “Premi Strega” che appesta col suo lezzo i salotti altoborghesi alla Inge Feltrinelli. Meno ovvia la seconda, che De Turris ci rivela fin dal titolo: la “antimodernità”. Ma di che si tratta? Si tratta di un atteggiamento di fondo, che non si limita ad evidenziare errori ed orrori della modernità, ma ne critica alla radice i presupposti ideologici: esattamente come ha rilevato un noto filosofo conservatore – Roger Scruton, peraltro connazionale di Tolkien – “la modernità è stata un errore fin dall’inizio”. È perfettamente ovvio, financo per il progressista più accanito, riconoscere che la modernità non è tutta “rose e fiori”: ma per Evola e Tolkien il problema è ben altro, in quanto non si tratta di transeunti effetti collaterali di un farmaco benefico, bensì della micidiale azione corrosiva di un mefitico veleno. Non si possono quindi aggiungere dei “correttivi” alla modernità, in quanto la sua azione sovvertitrice dei valori è inarrestabile: si rende altresì necessario un ripensamento radicale, alla luce della Tradizione, delle categorie della Storia e della società contemporanea. È questo il nocciolo del pensiero evoliano e tolkeniano, che De Turris è riuscito, da par suo, a mettere in luce: accompagnato, per l’occasione, dalle autorevoli prefazioni di Guido Andrea Pautasso e Adriano Scianca. Ed è per questo che consigliamo la lettura di un agile volumetto, che, nonostante la brevità, sviscera tematiche essenziali per la comprensione di due autori la cui statura intellettuale trova pochi eguali nella storia del Novecento. In appendice, un Teatrino tolkeniano che sbeffeggia le patenti contraddizioni della “critica militante” all’indomani del successo della famosa Trilogia di Peter Jackson: dopo tante argute riflessioni, una lettura amena per rinfrancar lo spirito ridendo delle facezie dei critici a-sinistri.