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FOGGIA. PALAZZO DEL GOVERNO

  Fu l’ing. Ettore Bellezza, già autore del Palazzo delle Poste, a redigere il primo (1924) ed il secondo progetto (1926-27) per il Palazzo del Governo di Foggia, che venne poi realizzato (Ing. Colio direzione tecnica - esecuzione lavori Impresa Ing. Arturo Carola, 1929-34) secondo un nuovo progetto (1928) del Bazzani, ed inaugurato dal Duce in persona l’8 settembre 1934: la posa della prima pietra avvenne il 26 settembre 1925 alla presenza dell’On. Roberto Farinacci, Segretario del PNF. Tale palazzo si presenta come un blocco squadrato scandito da un impaginato prettamente rinascimentale, tipico dei progetti del Bazzani. L’intervento avrebbe dovuto occupare un intero isolato, compreso tra il corso Garibaldi, la nuova via del Littorio (oggi via Mele), via del Duomo e via del Tesoro; purtroppo il grandioso progetto bazzaniano venne in pratica “dimezzato” per risparmiare la meschina edilizia adiacente, perdendo il suo respiro veramente monumentale (ulteriormente immiserito dalla ridotta sezione stradale). Il prospetto principale realizzato sul corso Garibaldi (in realtà, come si evince dai disegni, avrebbe dovuto essere il prospetto laterale) presenta al piano terra un bugnato a fasce lisce scandito da tre portali d’ingresso fiancheggiati da ampie finestre ad arco a pieno centro; nei due piani superiori paraste corinzie scandiscono grandi aperture timpanate con balconi aggettanti si alternano a finestre con cornici; nell’attico di coronamento si aprono finestre minori bipartite. Le pareti laterali sono composte secondo uno schema analogo. Lo scultore Bernardo Morescalchi (Carrara 1895 - Antignano 1975) realizzò tutte le decorazioni plastiche della facciata, le bronzee figure virili stanti reggenti fasci littori ai lati dell’emblema sabaudo nonché le protomi muliebri delle chiavi d’arco. È il caso di ricordare che, nel medesimo periodo, il Morescalchi stava lavorando ai puttini reggenti stemma con fascio littorio, anch’essi in bronzo ed eseguiti dalla stessa Fonderia Marinelli di Firenze, per la facciata della Biblioteca Nazionale Centrale (1911-35) di Firenze, anch’essa progettata dall’architetto Bazzani. Negli interni, pregevoli affreschi del pittore Angelo De Zio (Ruvo di Puglia, Bari 1889 - Foggia 1952).

  Anche l’area prospiciente avrebbe dovuto essere riqualificata architettonicamente dal Bazzani, attraverso il restauro (1929) della facciata del Palazzo della Capitanata (Palazzo Dogana) prospiciente piazza XX Settembre: si trattava della ridefinizione architettonica della facciata stessa, non di un banale restauro conservativo. Il progetto del Bazzani non fu attuato; tuttavia, il fabbricato era pericolante, e pertanto fu soggetto ad un restauro di consolidamento (Ing. Attilio Amoretti di Campobasso - Impresa Antonio Giannini di Foggia, 1928-29).

 Tornando al progetto del Palazzo del Governo, esso è esemplare del Bazzani “maturo”: classicista e littorio, può ben dirsi esempio non solo di architettura del Ventennio, ma anche di architettura fascista nonché di arte fascista tout court, viste le pregevoli sculture del Morescalchi, suo usuale collaboratore.

FOGGIA. PALAZZO DELL’ACQUEDOTTO PUGLIESE

   Nel capoluogo della Daunia, il contesto di piazza Cavour, caratterizzato dalla presenza dei propilei (1824) della Villa Comunale di Luigi Oberty (Perinaldo, Savona 1790 - Napoli 1863), una tra le architetture più significative della città ottocentesca, viene arricchito nel Ventennio dal Palazzo dell’Acquedotto Pugliese (Impresa Provera e Carrassi di Roma, 1927-1932). Il pregevole edificio è in stile neobarocco, e viene disegnato dell’Ingegnere ravennate Cesare Vittorio Brunetti (Ravenna 1894 - Lecce 1962), che aveva già progettato il Palazzo barese dell’Ente in forme neoromaniche. La scelta stilistica non è indifferente, perché mentre nella Provincia di Bari sono più cospicue le testimonianze della tradizione architettonica del Romanico Pugliese, nella Capitanata sono più vistose le testimonianze del periodo barocco e neoclassico; altra differenza sostanziale è la presenza nel palazzo foggiano delle residenze degli impiegati dell’Ente. I prospetti sono scanditi secondo la tripartizione canonica: basamento (trattato a bugne), elevazione (comprendente 3 piani e ritmata da fasce e aperture incorniciate), coronamento (piano attico, ritmato da finestre a edicola e incorniciate). Elemento distintivo del fabbricato sono i due cupolini, tipici dell’architettura neo-barocca: si pensi al Palazzo Mincuzzi di Bari, del medesimo periodo, opera dell’architetto Aldo Forcignanò (in collaborazione con l’ingegner Gaetano Palmiotto).

   In conclusione, si tratta di un’opera architettonica del Ventennio, che difficilmente può essere qualificata come architettura fascista o arte fascista tout court: il legame con l’eclettismo tardo-ottocentesco è infatti prevalente.

FOGGIA. PALAZZO DEGLI UFFICI STATALI

   A Foggia la centralissima piazza Cavour fu abbellita nel Ventennio da maestosi edifici: l’ultimo in ordine di tempo, ma anche il più vicino a quel “razionalismo littorio” che connota la architettura del Ventennio, fu il Palazzo degli Uffici Statali (1939), dell’Arch. Carlo Vannoni (Roma 1907 - 1998), che vinse un concorso nazionale (1934) appositamente bandito: l’edificio fu inaugurato il 28 ottobre 1939. L’accademico Vannoni si era già segnalato per la vittoria in due prestigiosi concorsi baresi; tuttavia, il progetto per il fabbricato foggiano è più allineato sui canoni stilistici del Razionalismo italiano, rispetto ai due palazzi baresi (Palazzo delle Finanze e Palazzo del Provveditorato alle OO. PP.) di pretto stile Littorio. Nel cortile interno del palazzo, rimarchevole è la Fontana dell’Impero (1939), di stile prettamente littorio progettata dall’architetto Vannoni: si presenta come un’edicola dagli stipiti curvilinei “a sguincio” che inquadra un bassorilievo raffigurante la carta geografica dell’Impero Italiano sovrastante una scultura raffigurante l’aquila imperiale fascista; nella parte basamentale, sono collocate le due vasche sovrapposte in cui un tempo zampillava l’acqua. L’aquila imperiale dalle linee fortemente stilizzate, riecheggia gli stilemi del Nazionalsocialismo germanico, rivelando l’influenza di modelli importati in Italia in occasione della visita del Fuhrer, risalente all’anno precedente, per la quale occasione vennero ideati apparati celebrativi temporanei a Roma (Arch. Alfredo Furiga, 1938); tali stilemi erano certo già noti agli accademici romani, basti pensare all’impressione favorevole che destò il Padiglione del III Reich all’Esposizione di Parigi (1937), disegnato da Albert Speer (Mannheim 1905 - Londra 1981). La carta geografica dell’Impero fascista riprende quella, ben più famosa, affissa a Roma in Via dell’Impero: la trovata si deve all’architetto e storico dell’arte Antonio Munoz, e purtroppo ebbe vita breve (sono rimaste in situ soltanto le altre mappe dell’Impero di Roma). Negli scantinati erano stati approntati rifugi antiaerei: purtroppo, i venti di guerra si facevano sempre più minacciosi.

   Il Palazzo degli Uffici foggiano è di certo un significativo esempio di architettura fascista, ispirato da un razionalismo “temperato”.