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FOGGIA. PALAZZO DELL’ACQUEDOTTO PUGLIESE

   Nel capoluogo della Daunia, il contesto di piazza Cavour, caratterizzato dalla presenza dei propilei (1824) della Villa Comunale di Luigi Oberty (Perinaldo, Savona 1790 - Napoli 1863), una tra le architetture più significative della città ottocentesca, viene arricchito nel Ventennio dal Palazzo dell’Acquedotto Pugliese (Impresa Provera e Carrassi di Roma, 1927-1932). Il pregevole edificio è in stile neobarocco, e viene disegnato dell’Ingegnere ravennate Cesare Vittorio Brunetti (Ravenna 1894 - Lecce 1962), che aveva già progettato il Palazzo barese dell’Ente in forme neoromaniche. La scelta stilistica non è indifferente, perché mentre nella Provincia di Bari sono più cospicue le testimonianze della tradizione architettonica del Romanico Pugliese, nella Capitanata sono più vistose le testimonianze del periodo barocco e neoclassico; altra differenza sostanziale è la presenza nel palazzo foggiano delle residenze degli impiegati dell’Ente. I prospetti sono scanditi secondo la tripartizione canonica: basamento (trattato a bugne), elevazione (comprendente 3 piani e ritmata da fasce e aperture incorniciate), coronamento (piano attico, ritmato da finestre a edicola e incorniciate). Elemento distintivo del fabbricato sono i due cupolini, tipici dell’architettura neo-barocca: si pensi al Palazzo Mincuzzi di Bari, del medesimo periodo, opera dell’architetto Aldo Forcignanò (in collaborazione con l’ingegner Gaetano Palmiotto).

   In conclusione, si tratta di un’opera architettonica del Ventennio, che difficilmente può essere qualificata come architettura fascista o arte fascista tout court: il legame con l’eclettismo tardo-ottocentesco è infatti prevalente.

FOGGIA. PALAZZO DEGLI UFFICI STATALI

   A Foggia la centralissima piazza Cavour fu abbellita nel Ventennio da maestosi edifici: l’ultimo in ordine di tempo, ma anche il più vicino a quel “razionalismo littorio” che connota la architettura del Ventennio, fu il Palazzo degli Uffici Statali (1939), dell’Arch. Carlo Vannoni (Roma 1907 - 1998), che vinse un concorso nazionale (1934) appositamente bandito: l’edificio fu inaugurato il 28 ottobre 1939. L’accademico Vannoni si era già segnalato per la vittoria in due prestigiosi concorsi baresi; tuttavia, il progetto per il fabbricato foggiano è più allineato sui canoni stilistici del Razionalismo italiano, rispetto ai due palazzi baresi (Palazzo delle Finanze e Palazzo del Provveditorato alle OO. PP.) di pretto stile Littorio. Nel cortile interno del palazzo, rimarchevole è la Fontana dell’Impero (1939), di stile prettamente littorio progettata dall’architetto Vannoni: si presenta come un’edicola dagli stipiti curvilinei “a sguincio” che inquadra un bassorilievo raffigurante la carta geografica dell’Impero Italiano sovrastante una scultura raffigurante l’aquila imperiale fascista; nella parte basamentale, sono collocate le due vasche sovrapposte in cui un tempo zampillava l’acqua. L’aquila imperiale dalle linee fortemente stilizzate, riecheggia gli stilemi del Nazionalsocialismo germanico, rivelando l’influenza di modelli importati in Italia in occasione della visita del Fuhrer, risalente all’anno precedente, per la quale occasione vennero ideati apparati celebrativi temporanei a Roma (Arch. Alfredo Furiga, 1938); tali stilemi erano certo già noti agli accademici romani, basti pensare all’impressione favorevole che destò il Padiglione del III Reich all’Esposizione di Parigi (1937), disegnato da Albert Speer (Mannheim 1905 - Londra 1981). La carta geografica dell’Impero fascista riprende quella, ben più famosa, affissa a Roma in Via dell’Impero: la trovata si deve all’architetto e storico dell’arte Antonio Munoz, e purtroppo ebbe vita breve (sono rimaste in situ soltanto le altre mappe dell’Impero di Roma). Negli scantinati erano stati approntati rifugi antiaerei: purtroppo, i venti di guerra si facevano sempre più minacciosi.

   Il Palazzo degli Uffici foggiano è di certo un significativo esempio di architettura fascista, ispirato da un razionalismo “temperato”.