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NAPOLI. GALLERIA DELLA VITTORIA

2024-11-19 18:40

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NAPOLI. GALLERIA DELLA VITTORIA

   Nell’ambito delle infrastrutture assume peculiare importanza – sia dal punto di vista simbolico che prettamente utilitario - la Galleria della Vittoria (1926-28), realizzata dall’Ing. Michele Guadagno (Napoli 1878-1930); per la sistemazione architettonica dei fronti fu bandito un concorso (1926), al quale parteciparono parecchi artisti meritevoli: tra i progetti degni di menzione, quelli di Marcello Canino e di Ferdinando Chiaromonte, tuttavia fu l’architetto Roberto Pane (Taranto 1897-Sorrento 1987) ad aggiudicarsi la vittoria. Pane era un protetto di Gustavo Giovannoni (presidente della commissione giudicatrice), ma non manifesterà gratitudine per le remunerative commesse di regime: viste ormai segnate nel 1944 le sorti della guerra, si diede prontamente all’antifascismo. Il progetto vincitore non si discosta da quelli degli altri partecipanti, essendo il tema obbligato: il varco d’accesso della galleria – un emiciclo – era già dato, bisognava definirne la ghiera d’arco nonché la soprastante a adiacente articolazione delle membrature architettoniche, tali da consentire una scenografia adeguata al genius loci. Il repertorio è quello classicista: semicolonne, frontoni e nicchie sferiche articolano la plastica volumetria del progetto Canino, mentre nicchie piane scandite da lesene e frontoni nel progetto Pane rendono il tutto più piatto e monotono; inoltre, dal punto di vista stilistico è evidente il richiamo di Pane al Rinascimento - banalmente reimpiegato in maniera “antiquaria” - mentre più dinamico appare il classicismo “novecentista” di Canino. Il progetto dell’architetto Canino, col suo accentuato plasticismo chiaroscurale, era senza dubbio superiore, ma, come abbiamo detto, era Pane il favorito: con Fascismo o senza, gli antichi vizi italici persistono…
“Un’opera bellissima, che serve a valorizzare sempre più la grande Napoli voluta dal Duce, è quella del rivestimento della Galleria della Vittoria, che ora appare in tutto degna della sua funzione. Il lavoro si è svolto in tre fasi distinte: nella prima si è proceduto alla impermeabilizzazione della calotta, impiegando il migliore idrofugo esistente in commercio, con la rigorosa osservanza di tutte le norme tecniche e di tutte le buone regole dell’arte, previa la messa in sagoma della galleria per ottenere una superficie il più possibile regolare, in modo da presentare un perfetto piano di posa al rivestimento in vetro; tale lavoro fu poi esteso al paramento retrostante lo zoccolo, dopo aver effettuata la demolizione del rivestimento in marmi di Trani dello zoccolo e la ricollocazione in opera di esso, previa risagomatura e sostituzione dei marmi deteriorati. Questo lavoro ha costituito la seconda fase; dopodiché fu provveduto nella terza fase, al lavoro della posa in opera del vetro” [Le Opere Pubbliche del Regime nell’Anno XII, Roma 1935, p. 49].


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