Tra gli artefici del rinnovamento, l’illuminato podestà (1929-35) Duca Marcello Visconti di Modrone (1898-1964); tra le sue benemerenze in ambito culturale, è da ricordare che nel 1935 intervenne direttamente per l’acquisto della collezione Trivulzio, al Museo del Castello. Ma fu spesso il Duce in persona ad intervenire nelle questioni dell’edilizia milanese, quando rischiavano di prendere il sopravvento modalità scriteriate d’intervento sugli edifici storici, come il celebre Museo di Brera, che qualcuno avrebbe inteso ridurre ad una scatola di vetro e cemento in nome di una pretesa “modernità”. La Milano fascista oscilla tra due poli stilistici, antitetici e complementari: il “neoclassicismo novecentista” di Muzio, Portaluppi, De Finetti, Andreani, Mezzanotte ed il razionalismo di Gio Ponti, Alessandro Rimini, Giuseppe Terragni (ma anche di Muzio e Portaluppi, nella fase finale delle loro carriere professionali). Edificio simbolo della tendenza neoclassica, di matrice palladiana, è il Palazzo della Borsa, detto anche Palazzo Mezzanotte dal nome dell’architetto progettista, Paolo Mezzanotte. Il simbolo della Milano razionalista, o “razional-fascista”, è invece Piazza San Babila: piazza milanese che nel secondo ‘900 diverrà anche un simbolo del neofascismo, con i cosiddetti “sanbabilini” immortalati (ma piuttosto diremmo travisati) nella discutibile pellicola del marxista Carlo Lizzani (“Piazza San Babila ore 20.00. Un delitto inutile”: “quattro giovani neofascisti, dopo aver partecipato ai funerali di un gerarca del Ventennio, si abbandonano ad una serie di assurde violenze”, cit. Morandini).