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   Il tema della statuaria sacra di tipo devozionale è spropositamente vasto. Tema un tempo negletto dalla critica, che non considerava affatto tali opere come “artistiche”, bensì alla stregua di dozzinali prodotti di bottega, fino alla riscoperta avvenuta negli ultimi decenni. Nella nostra regione, abbiamo dovuto attendere gli studi promossi dal Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia perché tale tema acquisisse il posto che merita in ambito accademico: segnaliamo, a titolo di esempio, i magistrali studi condotti da Mimma Pasculli Ferrara, Isabella Di Liddo, e, tra i più recenti, quelli di Emilio Mastropasqua.

   A grandi linee, possiamo preliminarmente osservare che la statuaria devozionale impiega materiali economici e di facile reperimento rispetto alla grande statuaria sacra (per intenderci, pensiamo alla celeberrima Pietà di Michelangelo in San Pietro): non marmi e bronzo, bensì legno e cartapesta. Nel nord Italia è prevalente la statuaria lignea, mentre nel Sud, soprattutto a causa della difficoltà di reperire legname rispetto alle regioni settentrionali, si impone la tecnica della cartapesta: nell’arte, come nella vita, spesso la necessità aguzza l’ingegno. La massima fioritura della statuaria devozionale si ha nel periodo barocco, ed è Lecce con i suoi manufatti in cartapesta ad imporsi nel panorama delle fiorenti botteghe pugliesi: semplici botteghe artigiane nel ‘600 e nel ‘700, che, a partire dalla metà dell’800, si trasformano in vere e proprie ditte commerciali. Da Lecce, queste statue vengono spedite in tutta Italia e nel mondo: si affermano particolarmente i nomi di Antonio Maccagnani, Achille De Lucrezi, Raffaele Caretta, Giuseppe Manzo, Luigi e Gaetano Guacci (padre e figlio), Carmelo e Salvatore Bruno (fratelli), Salvatore Longo, Giuseppe Malecore, Salvatore Sacquegna.

   Anche artisti di vaglia – affermati nelle “arti maggiori” – collaborano a tale produzione: basti pensare al pittore Agesilao Flora (Latiano, Brindisi 1863 – Lecce 1952), che lavorò come cartapestaio nello Stabilimento di Luigi Guacci a Lecce, e ne sposò la nipote Anna Guacci; o allo scultore Eugenio Maccagnani, famoso per il suo contributo all’Altare della Patria, il quale, prima di eccellere nel marmo e nel bronzo, aiutò lo zio cartapestaio Antonio Maccagnani (Lecce 1809-89).

  Si è detto che da Lecce queste statue venivano spedite ovunque nel mondo: pertanto, non potevano mancare a Bari, che, rispetto al resto dell’orbe, è a un tiro di schioppo dal capoluogo salentino. Ve ne sono parecchie sparse nelle chiese di Bari, sia in quelle antiche che in quelle moderne, e qui ne illustreremo solo alcuni esempi ritenuti artisticamente rilevanti, e tutti ascrivibili al periodo ‘800-‘900.

I capolavori della cartapesta leccese a Bari tra l’800 e il ‘900 – Giornale online


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