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La “Fontana Littoria dell’Acqua di Trevi” (1924-27) detta comunemente “fontana-ninfeo di piazza Mazzini” è situata in piazza Mazzini a Roma. Si tratta di un esempio davvero emblematico dell’arte del Ventennio, tra suggestioni classiciste ed “antichizzanti” e transizione dal linearismo Liberty a quello Art Déco. L’opera è frutto della collaborazione tra un architetto ed uno scultore: Raffaele De Vico (Penne, Pescara 1881 – Roma 1969) ed Ermenegildo Luppi (Modena 1877 – Roma 1937).

   Si tratta di un tipo peculiare di fontana, una “fontana-ninfeo” viste l’ampia dimensione e la circostante sistemazione a giardino, recentemente sottoposta ad un intervento di restauro (2001): l’ispirazione riviene dalle “fontane-giardino” rinascimentale e romane (ninfei), specie d’età adrianea (la famosa Villa Adriana a Tivoli). L’ampia vasca è di forma ottagona, ed è ornata da 4 colonne aquilifere poste su piedistalli recanti l’iscrizione ACQVA DI TREVI nella fascia della cimasa. Tali piedistalli, dal lato del giardino presentano piccole fontane a catino semicircolare per dissetare i passanti, mentre dal lato dello specchio d’acqua presentano una voluta baroccheggiante alla cui base una coppia di delfini versa acqua nella vasca principale. I fusti delle colonne sono ornati nel terzo inferiore da fasci littori, che, sulla scure, presentano rilievi stiacciati dei profili del Re e di Mussolini (i fasci esistono ancora, ma mutili delle scuri), mentre l’iscrizione IMPERIVM è nella parte del fusto al di sopra dell’imoscapo. In luogo del capitello, un semplice collarino su cui è posto un pinnacolo recante la sigla SPQR tra gli artigli dell’aquila romana. Lo scultore Luppi era nella commissione giudicatrice per la realizzazione a Roma di cinque fontane (1924), aggiudicate all’architetto Lombardi: la sua competenza e la sua perizia artistica hanno conferito una notevole forza plastica al progetto dell’architetto De Vico. Foto d’epoca testimoniano l’inaugurazione ufficiale della fontana da parte di Benito Mussolini (28 ottobre 1927), ancora in abiti borghesi (redingote, guanti e cilindro, ma con l’immancabile camicia nera) da Primo Ministro del Regno. Sulla piazza prospettano fabbricati coevi, in particolare il Palazzo dei Dipendenti del Governatorato di Roma (1925-28) tra le vie Brofferio e Andrea Doria, opera pregevole dell’Arch. Mario De Renzi (Roma 1897 – 1967) coadiuvato dall’Ing. Luigi Ciarrocchi (Ascoli Piceno 1902-1968).

“La grande fontana di Piazza Mazzini ormai completa nelle sue parti architettoniche in pietra ha già da qualche tempo preso vita con il copioso fluire delle acque, che mormorando scendono da quattro vie nella vasta piazza centrale. Tutto intorno ai vari pezzi architettonici in pietra che costituiscono le parti ornamentali della fontana e delle quattro esedre adiacenti, già cominciano a verdeggiare i cipressi, gli elci, gli allori, le mortelle, che dovranno col tempo costituire la viva parte del caratteristico giardino, ideato per la più vasta piazza della moderna Roma. Secreto ed ombroso giardino in mezzo al quale splenderà la lama argentea dell’acqua del bacino centrale, a contrasto delle alte e cupe muraglie, verdi, che seguiranno nella linea la sapiente mano dell’uomo, per formare in effetto, secondo criteri geometrici: siepi, viali, piazzuole, esedre, con pareti interrotte da ampie finestre e dalle arcate rovesce degli ingressi. Oggi il concetto architettonico cui si è ispirato il valoroso Raffaele De Vico, ideatore della fontana e squisito artista che studia e lavora alacremente per dar nuovo splendore al giardinaggio italiano, non apparisce a prima vista, poiché e piante ancor giovani segnano appena i termini della opera alla quale esse dovranno prestare le vive membrature dei rami ed il cupo colore del fogliame. Un’idea precisa di quanto il De Vico intende raggiunger nel dar forma geometrica alle piante in relazione all’ambiente in cui queste sorgono, può aversi osservando l’allineamento degli elci, dei cipressi e delle mortelle nel giardino che verdeggia al centro del grandioso Viale Mazzini e che si stende per tutta la sua lunghezza da Piazza Mazzini al Ponte del Risorgimento. In conclusione l’opera che apparisce già viva per il fresco murmure delle acque ed il dolce ondeggiare di esse nella grande vasca, è sostenuto al suo nascere, ed attende dagli anni di poter esprimere la sua completa bellezza a decoro della nuova Roma [—]. L’ideatore dell’opera non ha voluto creare una mostra d’acqua, né una fontana per gli usi del quartiere, come le numerosissime antiche. Si pensi difatti che le fontane minori che sorgono in disparate forme, nei vecchi quartieri, tutte rispondenti peraltro a criteri di bellezza e degne della chiara e fresca acqua che da esse sgorga, dovevano fornire l’acqua potabile alla località ed essere usate per il lavaggio dei prodotti nei vari mercatini. Oggi invece per le nuove fontane, non v’è in genere da tener conto di simili necessità. Ed ecco che nella fontana di Piazza Mazzini l’acqua scaturisce di nascosto dal fondo di conchiglie scolpite l’un sotto l’altra in quattro grandi mensoloni rovesci, collocati alle basi di poderose colonne onorarie, e cade dolcemente nel sottoposto bacino. Un ricordo invece della antica funzione della fontana come distributrice d’acqua, si ha nelle quattro piccole vaschette situate all’esterno delle colonne onorarie, ad ornamento del viale che circonda il vasto specchio d’acqua. E per render più evidente il ricordo con provvido pensiero si son dotate le fontanelle dell’acqua di Trevi, così accetta ai romani, e della quale per giunta era sprovvisto il nuovo quartiere. Ogni parte ornamentale è stata curata con infinito amore e rivela il gusto squisito dell’artista che non solo ha ideato l’opera, ma ha dato anche ad essa conveniente forma con il lavoro rude del plasmare. E così sono state create e plasmate le superbe aquile romane poste al sommo delle colonne onorarie, i fasci poderosamente rilevati sulle colonne stesse, i grandi vasi all’ingresso delle quattro esedre, i mensoloni con le cadute d’acqua. Tutto intorno alla fontana, nelle piazzuole e nelle esedre, è stata eseguita una pavimentazione caratteristica con brecciato di mare, in giallo, nero e bianco. Con tali colori sono stati tracciati i simboli del sole, in quattro diversi aspetti a seconda dell’orientamento, con vele dispiegate […]. Essa inoltre costituisce una felice promessa per il ritorno alle forme architettoniche del giardino italiano, della cui fortunata rinascita in Roma, raccoglieremo fra breve, nella nostra Rassegna, le prove eloquenti” [N. CIAMPI, Fontana di Piazza Mazzini, in Capitolium, A. II (1926), pp. 197-200].

(Testo tratto dal libro “Le Fontane di Roma” nella sezione Libreria


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