La Caserma “Giovanni Macchi” di Bari è ubicata sul lungomare di Ponente, e precisamente in largo Col. Felice Trizio, tra il corso Vittorio Veneto e le vie P. Ravanas, G. B. Trevisani e G. Murat. Un invaso spaziale semicircolare – a conformare il tipo di piazza cosiddetto “ad esedra” – era previsto in quel luogo già nel Piano Veccia (1926) ma esso verrà completamente definito solo nel dopoguerra, con la costruzione dell’Edificio Scolastico “R. Moro” (Arch. P. M. Favia – Ing. L. De Paolis, 1935-47). In effetti l’ingegner Arrigo Veccia per risolvere quel nodo urbano pare essersi rifatto al precedente Piano Amoruso (1911), inattuato, che prevedeva anch’esso un’esedra nel medesimo luogo. Il progetto della caserma si deve all’Ing. Cav. Vittorio De Bernardinis dell’Ufficio Tecnico GdF di Catanzaro, che ne redasse una prima versione nel 1927 (i disegni recano la data del 12 novembre 1927) in stile eclettico, ancora fortemente legato a stilemi tardo-ottocenteschi. A causa della temporanea indisponibilità di fondi, l’esecuzione del progetto venne rinviata, sicché, a causa del mutamento del gusto architettonico nei primi anni ’30, venne redatto un nuovo progetto (1932), che è quello realizzato, più confacente ai canoni dello “stile littorio”. Il nuovo progetto venne redatto dallo stesso ingegner De Bernardinis, ma con la supervisione artistica dell’Arch. Saverio Dioguardi (Rutigliano 1888 – Bari 1961) che ne ridefinì le facciate, disegnando i prospetti che vediamo attualmente. “Di fatto la caserma appare uno di quei lavori in cui, auspice la felice mano dell’architetto-artista, Dioguardi è chiamato a conferire dignità, talora solenne, sulla base di sistemi volumetrici e strutturali già definiti”(F. MANGONE 1996). I lavori (Ditta F.lli Cervini di Bari, 1933-36) furono diretti dall’Ing. Ettore Bianco (che nello stesso periodo dirigeva i lavori dell’Ospedale Militare “L. Bonomo”), stante l’indisponibilità del De Bernardinis che non risiedeva in loco. Il nuovo edificio venne inaugurato il 28 ottobre 1936, in occasione del XIV Anniversario della Marcia su Roma (28 ottobre 1922), e consegnata formalmente alla R. GdF l’8 novembre 1938. Esteriormente l’edificio, caratterizzato dalla bicromia dei partiti architettonici in tufo carparo giallo e bianca pietra di Trani, non presenta elementi decorativi, eccettuati i gladi sugli architravi delle finestre del piano nobile contrassegnati dal motto FERT (motto presente sull’emblema di Casa Savoia), nonché i due fasci littori ad inquadrare l’arcata d’ingresso principale, rimossi nel dopoguerra ma visibili nelle foto d’epoca.
Nell’interno della caserma erano presenti decorazioni d’una certa importanza. Difatti, alle pareti dell’atrio erano collocati pregevoli pannelli decorativi del pittore futurista Pasquale Morino (Forlì 1904 – Milano 1975), opere purtroppo non più in situ, di cui apprendiamo l’esistenza da una rara pubblicazione dell’epoca.
“L’atrio della Caserma Macchi con la sua pianta trapezoidale, dal lato maggiore interrotto da tre portoni di accesso e la parete a fronte spezzata da tre grandi aperture rettangolari, della quale la centrale, a guisa di boccascena, serve a dare luce ai corridoi di sbocco delle due scale laterali, offriva un problema di non facile soluzione al decoratore. Il pittore Morino, ricorrendo ai materiali moderni di rivestimento, cioè alla lincrusta striata, con inserzione di pannelli decorativi policromi di lincrusta liscia, ha saputo attuare una soluzione elegante e nuova e dare all’ambiente un tono elegante ma senza frivolezza, bene appropriato al carattere dell’edificio. I pannelli centrali, di intonazione allegorica, rappresentano una Vittoria armata in atteggiamento di marcia ed un giovine eroe armato di scudo e d’asta, che simboleggia la Regia Guardia. I quattro pannelli laterali rappresentano scene della vita della Guardia di Finanza: la guardia in guerra, la guardia al porto, la guardia e il lavoro, la guardia che sorveglia il confine: in complesso un’opera armonica che attesta nell’autore del progetto un senso d’arte di notevole rilievo” (NdR, Atrio di una caserma, in Edilizia Moderna, A. 1936-XIV, p. 39).
Il pittore Pasquale Morino (Forlì 23 gennaio 1904 – Milano 21 dicembre 1975) si era formato nell’ambiente della Capitale entrando in contatto con artisti dellacosiddetta “Scuola Romana” (Mario Mafai, Scipione, Antonietta Raphael e Fausto Pirandello); visse a Bari per un lungo periodo (1929-51), partecipando a varie esposizioni, a partire dalla I (1930) e II Mostra del Sindacato Fascista Provinciale di Bari (1935).
L’articolo completo è in La Caserma “Giovanni Macchi” di Bari e il mistero delle decorazioni futuriste scomparse – Giornale online




Lascia un commento