Predappio

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La necessità di dare un nuovo assetto all’espansione della vecchia Predappio – detta “Predappio Nuova” – pur preservandone le caratteristiche rurali, portò al conferimento di incarichi ad importanti professionisti della scena artistica nazionale, quali Florestano Di Fausto (Rocca Canterano, Roma 1890-Roma 1965) e Cesare Bazzani (Roma 1873-1939), ai quali subentrò infine l’Ing. Arnaldo Fuzzi (Forlì 1891-1974), fascista della prima ora, pertanto agli antipodi rispetto a quanti solo opportunisticamente abbracciavano il credo del Fascismo. La fondazione di Predappio Nuova avvenne con una cerimonia inaugurale il 30 Agosto 1925, alla presenza di Arnaldo Mussolini, Donna Rachele Mussolini e del Segretario del PNF Roberto Farinacci. Nella prima fase di edificazione prevalse la figura di Florestano Di Fausto, che adottò uno stile “rurale” consono alla primitiva facies del borgo mussoliniano; nella seconda fase, nel momento in cui Di Fausto lasciò l’Italia per recarsi nelle Terre d’Oltremare – intraprendendo la fase più matura del suo iter progettuale (fu il più affermato architetto della scena “coloniale”: suo ad esempio è l’Arco dei Fileni, poi distrutto dagli scherani di Gheddafi) – a prevalere è il monumentalismo classicista di Bazzani, che qui realizzò una tra le sue opere più cospicue, la Chiesa di S. Antonio da Padova (1925-26 progetto, 1931-34 realizzazione). Nell’ultima fase prevalse il verbo piacentiniano (intendendo l’ultima fase dello stile di Piacentini, orientato verso istanze razionaliste moderate) ad opera dell’ingegnere forlivese Arnaldo Fuzzi. Il Duce siglava di proprio pugno ogni disegno per dare la sua approvazione, spesso con notazioni a margine che dimostravano un certo senso artistico. Tra i primi interventi edilizi, assume peculiare rilevanza simbolica il restauro della Rocca delle Caminate (1924-27), ad opera di due affermati restauratori che operavano in quel periodo anche nel capoluogo: l’Arch. Luigi Corsini (Crevalcore, Bologna 1863-Bologna 1933) e l’Ing. Sesto Baccarini (Forlì 1871-1959). È opportuno ricordare che il Castello fu donato a Mussolini dal Comune, e che i militanti locali del PNF coprirono, tramite una sottoscrizione, le spese per i predetti restauri: il fortilizio era stato danneggiato da un sisma nel 1870. L’importanza storica del manufatto travalica il suo valore meramente artistico: il castrum, in posizione strategica dominante le circostanti valli, è stato la residenza fortificata di importanti famiglie nobili, come gli Ordelaffi, i Borghese-Aldobrandini, i Doria-Pamphilj; residenza del Duce durante il Ventennio, il castello vide il ritorno di Mussolini dalla prigionia sul Gran Sasso e la prima riunione del Consiglio dei Ministri della RSI nel 1943. La cosiddetta “Torre della rondini” venne ricostruita a fundamentis, e tutte le rimanenti parti del castello vennero in pratica riprogettate in stile neo-medievale, secondo un criterio storicistico, in quanto l’edificio prima dei restauri era ridotto allo stato di rudere. All’interno, decorazioni pittoriche e ceramiche (1930) di Pietro Melandri (Faenza 1885-1976). Anche la Casa Natale di Benito Mussolini fu acquistata nel 1924 dal Comune attraverso le spontanee sottoscrizioni dei suoi concittadini e donata al Duce; sia la donazione della Rocca che della Casa Mussolini hanno nutrito nel dopoguerra una serie di polemiche indegne quanto stupide, in quanto le proprietà personali della famiglia Mussolini erano di provenienza del tutto lecita e trasparente, al contrario di quanto avviene per le ingenti proprietà immobiliari di certi politicanti d’oggi. All’interno della Casa, si trovava un ritratto ad olio di S. E. Benito Mussolini (1928) opera di Carmine Palmieri (Lecce 16 maggio 1871-?). Nei pressi della Rocca è ubicato il Santuario della Madonna delle Caminate (1935), progettato dall’Ing. Gino Cervesi (Cattolica, Forlì 1900-Forlì 1967), all’interno del quale è una pregevole Via Crucis (Carlo Servolini, 1940). Nel medesimo periodo, si inizia la costruzione di un primo gruppo di abitazioni per il popolo, le Case IFCP (Ing. Sesto Baccarini, 1924). La prima fase dell’espansione urbana, come anzi detto, coincide con l’attività dell’Arch. Florestano Di Fausto (Rocca Canterano, Roma 1890-Roma 1965), del quale elenchiamo di seguito le opere. Il suo primo intervento è la Casa Becker (1925-26); si tratta di una casa popolare costruita a spese del filantropo inglese Lord William Becker, che come tanti suoi conterranei (compreso il Winston Churchill anteguerra) nutriva simpatie per il Fascismo ed ammirazione per il Duce. Nell’Edificio Postelegrafonico (1925-26) il lineare classicismo del Di Fausto conferisce serenità all’architettura, ravvivata da pregevoli decorazioni plastiche. I tondi con bassorilievi, recanti figure muliebri allegorie delle Poste e dei Telegrafi, sono di Ulderico Conti (Roma 1884-?), che realizzò anche le protomi nelle chiavi di volta degli archi e lo stemma sabaudo incorniciato da due fasci littori, andato distrutto; le lanterne in ferro battuto nel portico sono di Tullio Ravaglioli (Modigliana, Forlì 1891-1978). Gli obelischi a coronamento dell’attico, elementi tipici del barocchetto romano, rivelatori della formazione dell’autore, non furono realizzati. La Scuola Elementare “Rosa Maltoni Mussolini” (1925-27; attualmente Scuola Elementare “Adone Zoli”), reca nel prospetto, entro tre ghiere decorative, tre tondi con busti di grandi italiani – Leonardo da Vinci, Dante Alighieri, Michelangelo Buonarroti – di Ulderico Conti (Roma 1884-?). L’Asilo e Oratorio di S. Rosa da Lima (1925-28) si presenta come una composizione alquanto libera; il prospetto della Chiesa annessa all’Oratorio è dominato dalla statua del Redentore di Bernardino Boifava (Ghedi, Brescia 1888 – Forlì 1954), autore anche della statua lignea di S. Rosa da Lima (1929) all’interno. Nella galleria della ricreazione è il celebre pannello in piastrelle maiolicate della Madonna del Fascio (1927) di Leopoldo Battistini (Jesi 1865-Lisbona 1936) e Viriato Silva, qui collocata per volere del Duce, al quale era stata donata dai due artisti. Le vetrate istoriate sono di Guido Polloni (1900-84), raffiguranti S. Rosa da Lima e scene della vita della Santa nei finestroni, lo Spirito Santo attorniato da gigli nel rosone. L’opera più significativa del Di Fausto è il Palazzo del Comune, riveniente dalla ristrutturazione del preesistente Palazzo Varano, attuata nel periodo 1926-27. Il fulcro del nuovo prospetto è la torre dell’orologio che richiama simbolicamente le torri municipali degli antichi Comuni dell’Italia centro-settentrionale; il fastigio baroccheggiante nell’arcata presenta due figure muliebri reggenti stemma col fascio littorio (rimosso), modellate da Ulderico Conti (Roma 1884-?): tale motivo è chiaramente ispirato al fastigio di Bernardo Morescalchi per la Biblioteca di Firenze (1908-35) del Bazzani. Il bel lampadario in ferro battuto nell’androne è opera di Tullio Ravaglioli (Modigliana, Forlì 1891-1978). Di Fausto progettò anche la scalea di accesso al Palazzo Varano (1929), che si rifà alle scalinate tipiche dei giardini del Rinascimento romano. Altre opere di Florestano Di Fausto: Case Economiche IFCP (1926-27); Caserma RR. Carabinieri “F. Bonsignore” (1926) in via G. Matteotti (ampliamento Ing. Arnaldo Fuzzi 1934-42); Sanatorio (1929-31) in piazza S. Antonio; Palestra ONB (1929); Esedra del Mercato dei Viveri (1928-30), delimitata da cancellata dell’arch. Umberto Rizzoli ed ornata da bassorilievi nelle lesene del tiburio e protomi raffiguranti il Mercurio alato di Ulderico Conti (Roma 1884-?). La sistemazione ed il nuovo ingresso monumentale del Cimitero di San Cassiano in Pennino (1928-33), ubicato nella strada provinciale del Rabbi, si deve all’impegno congiunto del Di Fausto e del Bazzani. La presenza della millenaria Pieve di San Cassiano viene rimarcata dalla scelta di un linguaggio architettonico desunto dallo stile bizantino-ravennate, tipico dei luoghi. Nella Cripta Mussolini, si trovano busti marmorei di Bruno Mussolini (1941), di Alessandro Mussolini e Rosa Maltoni (1933), nonché la testa marmorea di Benito Mussolini (1957): tutte opere dello scultore Mario Moschi (Lastra a Signa, Firenze 1896-Firenze 1971). L’Arch. Cesare Bazzani (Roma 1873-1939) progettò l’edificio di culto più importante nell’ambito urbano: la Chiesa di Sant’Antonio da Padova (1931-34), ubicata nella centralissima piazza omonima. Nel 1925 fu bandito un concorso nazionale, mentre data al 1926 il progetto definitivo: nel 1931 venne posta la prima pietra, ed infine il 28 Ottobre 1934 vi fu la consacrazione e l’apertura al culto. Bazzani si rifà a modelli fiorentini e romani del ‘400 e ‘500: pianta a croce latina, tre navate, transetto triabsidato, cupola all’intersezione dei bracci su tiburio ottagono ripresa da modelli bramanteschi. Nel prospetto, domina una grande arcata in cui si inscrive lunettone bronzeo dello scultore Publio Morbiducci (Roma 1888-1963): Sant’Antonio a tutto tondo si staglia su di uno sfondo di motivi ornamentali fitomorfi, mentre l’epigrafe sull’architrave del portale riporta il saluto dell’Ordine francescano PAX ET BONVM e l’epigrafe VBI NON EST CHARITAS IBI ANGVSTIA. Nella strombatura dell’arcata, 9 bassorilievi in bronzo con Angeli, ai lati del portale i Miracoli di S. Antonio da Padova, del Morbiducci e Aiuti (scultori Cordoni e Tarquini); sempre del Morbiducci, all’interno, le Stazioni della Via Crucis (1934), in ceramica a rilievo. Il fonte battesimale è di Ferdinando Marinelli, mentre si deve al pittore Giovan Battista Crema (Ferrara 1883-Roma 1964) la pala d’altare S. Francesco e la Sua Opera nel lato destro del transetto; la fronteggia Il Sacro Cuore di Gesù (1936) del Prof. Corrado Mezzana (Roma 1890-1952). Il Duce e il Pontefice Pio XI si interessarono moltissimo ai lavori (il pittore Mezzana dirigeva la Pontificia Commissione d’Arte Sacra, e quindi è verosimile che la pala d’altare gli sia stata commissionata per interessamento di Pio XI in persona), in quanto la costruzione della nuova Parrocchiale suggellava l’avvenuta riconciliazione tra Stato e Chiesa, uno dei tanti problemi lasciati irrisolti dai precedenti governi liberali. Il ciclo pittorico di Ubaldo Oppi (Bologna 1889-Vicenza 1942) ideato per le navate laterali, invece, non venne eseguito per problemi economici. Nel 1938 furono realizzati due altari secondari, sempre su progetto dell’architetto Bazzani, in fondo alle navate laterali: l’Altare della SS. Vergine Maria e l’Altare della Sacra Spina della Corona di N. S. G. C., reliquia portata a Predappio dalla Contessa Antici-Mattei con la benedizione del Pontefice Pio XI. La torre campanaria si rifà in maniera abbastanza evidente al celeberrimo campanile di S. Marco a Venezia. Altre opere: Palazzo del Credito Romagnolo (Ing. Gian Luigi Reggiani, 1927-28); Case Economicissime (Ing. Pietro Brasile, 1928-35) in via G. Marconi; Albergo INA (Ing. Arnaldo Fuzzi, 1937-38); ampliamento Stabilimento Industriale Aeronautica “G. B. Caproni” (Ing. Andrea Alessandrini, 1933-41); Casa GIL (Arch. Cesare Valle, 1937).


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