Terni

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La città di Terni vive durante l’Era Fascista un periodo di notevole prosperità, dovuta anzitutto alla sua promozione a polo industriale di prim’ordine, caratterizzato dalla presenza delle industrie siderurgiche.

La città viene rinnovata ed abbellita ad opera di un unico artefice che ne domina le vicende costruttive durante il Ventennio, l’accademico Cesare Bazzani (Roma 1873-1939). Egli aveva già operato nella cittadina realizzando vari interventi di edilizia privata, il primo e più importante la Palazzina Alterocca (1901-03), che, pur essendo un’opera giovanile, rivela un’approfondita conoscenza dell’architettura dell’epoca, improntata all’eclettismo e al Liberty.

Le opere ternane del Bazzani sono parecchie, e costituiscono il volto moderno della città umbra. Esse delineano inoltre un’evoluzione dello stile del Nostro: difatti ad una prima fase della sua attività professionale improntata alle mollezze dello stile floreale (ville e palazzine private, come la Palazzina Alterocca) ascrivibile al primo ventennio del Novecento ne subentra un’altra, caratterizzata da uno stile veramente monumentale, che è quello della sua compiuta maturità artistica. Il suo rinnovato classicismo si esprime in una serie di importanti edifici pubblici destinati a rappresentare il nuovo rango assunto dalla città: una epitome dello stile di Bazzani, vera e propria “Bazzanopoli”, nonché epitome dell’arte del Ventennio.  

Nell’archivio dell’architetto, ora nel fondo Cesare Bazzani dell’AST (Archivio di Stato di Terni) sono reperibili i disegni per il Cinema Teatro Savoia (1930), per l’Albergo Impero (1935-36), per l’Ambulatorio della Pubblica Assistenza (1927), per il Monumento ai Caduti (1923-24, non realizzato), per l’Albergo Beta (1935-36), per la Banca d’Italia (1933, non realizzato), per la Villa Bazzani (1928-36), per la nuova cupola del Duomo di Terni, per la Centrale Elettrica di Galleto (1927), per la Chiesa di Sant’Antonio (1923-35), per il Palazzo INFPS (Istituto Nazionale Fascista Previdenza Sociale) di corso Tacito (1932-34), per la Chiesa di San Giovanni, per l’Edificio Postelegrafonico (1918-36) e per il Palazzo del Governo e della Provincia (1930-36) in piazza Vittorio Emanuele II. È interessante notare come i progetti bazzaniani sappiano di “già visto”: in particolare, il progetto, non realizzato, per la Banca d’Italia riprende lo stesso schema di facciata del Palazzo delle Poste di Pescara. Bazzani ricicla spesso sue idee precedenti, con risultati sempre di alto livello qualitativo.

Anonimi tecnici sono invece gli autori dei palazzi di Case Popolari IFACP, costruiti perlopiù sul finire degli anni ’30: altrettanto anonime le palazzine, declinate secondo uno scarno razionalismo, tuttavia estremamente dignitose. Mario Ridolfi invece, che già aveva approntato un suo progetto in stile classicista per il Palazzo del Governo e della Provincia (1930), poi realizzato dal Bazzani, progetta e realizza la Fontana dello Zodiaco (1932). Tale fontana, ubicata in piazza Tacito, prende il nome dai mosaici realizzati successivamente su bozzetti del noto pittore Corrado Cagli (1934).

Triste constatazione infine che uno dei simboli del declino partitocratico – senza dimenticare i devastanti bombardamenti inglesi del 1943, che deturparono il centro storico – è il misero Complesso dell’IRI (1962), realizzato su progetto di Enrico Del Debbio, lo stesso architetto che ideò il Foro Mussolini a Roma.


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